TRADIZIONE ITALIANA
Durante tutto il periodo medioevale e rinascimentale la penisola italiana è stata, dal settentrionale fino al meridione, indubbiamente la culla di numerosi e valenti Maestri d’arme, i quali, soprattutto verso la fine del XVI° secolo, trovarono la fortuna in numerosi corti europee.
E’ probabile che la diffusione e la codifica di queste conoscenze avvennero all’interno degli ambienti cittadini, visto che gli statuti comunali regolamentavano apertamente i giorni ed i luoghi di addestramento per la fanteria cittadina. Per questa ragione l’uso della spada accompagnata al brocchiero sembra essere stata la più diffusa, in modo da istruire la persona all’utilizzo di ogni tipologia di scudo.
Già antecedentemente alla compilazione dei primi manoscritti di scherma, le aree friulane e bolognesi videro la presenza e l’affermazione di molti Maestri d’arme per lo più autoctoni con qualche eccezione forestiera.
Le cronache ed i documenti storici tra la fine del 1200 e la metà del 1300 descrivono la presenza di numerosi Maestri d’arme in quel di Cividale del Friuli (allora d’Austria), del tipo di Goffredo schermitore, familiare del patriarca Gregorio da Montelongo, legato al pontefice Alessandro IV di Segni; Arnoldo “scarmitor”; Pertoldo “scarmitoris”; ed infine Magister Bitinellus “scarmitor de Cividale”. Un documento datato attorno il 1344 afferma parimenti la residenza di Domenico schermitore da Trieste; tra il 1363 e il 1393 la presenza di Franciscus dimicatur a Udine, e di Pietro schermitore di origini tedesche.
Esistono invece minori riferimenti che raccontano la presenza di Maestri di scherma in quel di Bologna prima della fondazione della scuola d’arme di Filippo Bartolomeo Dardi.
I pochi documenti parlano di un certo Maestro Rosolino nel 1388; di Maestro Nerio “magister scremaglie” nel 1354; ed infine di Maestro Francesco nel 1385.
Il Magistro Fiore dei Liberi
Il Magistro Fiore dei Liberi è attualmente il Maestro d’arme italiano più antico di cui abbiamo ereditato, grazie alla produzione di molti manoscritti, la sapienza marziale sull’uso della spada e delle restanti armi bianche in uso nell’Europa medievale .
Fiore Furlano dei Liberi de Cividale d’Austria fu un cavaliere, diplomatico e Maestro d’arme itinerante del tardo XIV° secolo. Nato nell’odierna Cividale del Friuli, una cittadina dell’allora Patriarcato di Aquileia, fu figlio di Benedetto, rampollo della Casata dei Liberi di Premariacco. Il termine Liberi potrebbe indicare che la sua famiglia ricevette il privilegio Imperiale di far parte dei “nobili liberi” (“Edelfrei”), inteso come quella classe cavalleresca di origine tedesca libera dai vincoli di servigio che formava nel Medioevo il livello più basso della nobiltà.
La classe dei cavalieri o dei militi, ultima in importanza nella fascia nobiliare, era distinta appunto in Liberi e Ministeriali. I primi, sì giuravano devozione al proprio signore, ma rientrava nel loro diritto possedere terreni e farli ereditare alla prole, sposarsi liberamente ed essere considerati uomini liberi dinnanzi la legge. Tutti diritti che un cavaliere ministeriale non possedeva.
Non deve stupire come, nella storia del cavalierato nel territorio del Sacro Romano Impero, i primi, col tempo, sparirono proprio per volere delle classi nobili più alte, famiglia reale Asburgo in primis, con la loro presa al potere nel 1282, dando forma successivamente a una classe di miliziani completamente devota ai propri signori. Probabile che questa progressiva privazione dei diritti nobiliari possa essere stata la causa che ha visto successivamente Fiore dei Liberi lasciare le terre legate alle amministrazioni germaniche e trasferirsi a Ferrara sotto la protezione di Niccolò III d’Este.
È ipotizzato da numerosi storici che sia Fiore dei Liberi che suo padre Benedetto dei Liberi potessero essere discendenti di Cristallo dei Liberi di Premariacco. Questi ottenne tale privilegio nel 1110 direttamente da Enrico IV, Imperatore del Sacro Romano. Ad affermarlo è lo storico Gian Giuseppe Liruti nel suo “Notizie delle vite ed opere scritte da’ letterati di Friuli” datato 1780:
“La qualità non ordinaria in Friuli della ragguardevolissima nobiltà della di lui famiglia che si chiamava de’ Liberi la riconosciamo stimabile molto, e singolare dal diploma, che ottenne Cristallo di lei antenato dall’Imperator Arrigo IV l’anno 1110 il 16 Maggio presso Verona, ch’io conservo tra i miei manoscritti. Dice in esso quel monarca, che a petizione di molti principi e prelati di sua Corte e per rimunerazione dei meriti distinti del suo fedele Cristallo, lo riceve co’ suoi discendenti immediatamente sotto il suo mundiburdio, podestà e protezione, cosicché nessun duca, marchese o conte o altra grande persona o picciola abbia podestà alcuna, o dominio sopra detto Cristallo, suoi consanguinei e discendenti, o sopra le cose da loro possesse di ogni qualità.
Ma sieno essi con quelle unicamente ed immediatamente soggetti allo stesso Imperatore, e successori suoi, godendo piena libertà delle cose sue, delle caccie delle pesche, e di tutto ciò che può essere di uso comune. Quindi io comprendo ch’egli non fosse in alcuna maniera soggetto al Patriarca d’Aquileia, allora Principe del Friuli; ed anzi che questo casato godesse in picciolo una spezie di sovranità, eguale a quella in temporale del Patriarca medesimo; qualità nobilissima, da me non osservata ancora in alcun’altra famiglia del Friuli.”
Nei suoi testi, Fiore dei Liberi afferma di aver avuto sin da giovane una naturale inclinazione all’arte del combattimento cominciando precocemente il suo addestramento abbinandolo all’arte della forgiatura; inoltre, essendo nato in un luogo territorialmente legato al Sacro Romano Impero, ebbe l’opportunità di studiare con innumerevoli maestri provenienti dalle terre italiche e tedesche, per poi intraprendere numerosi viaggi tra i vari Stati dell’Italia settentrionale.
Sfortunatamente, non tutti questi incontri risultarono amichevoli, entrando in contatto con molti falsi Maestri, privi di alcuna abilità tanto da non essere equiparabili alla pari di un bravo studente, citando il Magistro friulano stesso. Fiore menziona anche che, in ben cinque occasioni, fu costretto a duellare per difendere il suo onore contro alcune di queste losche figure, mossi per lo più dall’invidia, essendosi lui rifiutato di insegnar loro la propria arte.
Tutti i duelli furono combattuti in luoghi a lui estranei e senza il sostegno di alcuna persona cara, con spade a due mani affilate ed indossando solamente delle giubbe imbottite e dei guanti in pelle di camoscio. Fiore dei Liberi ne uscì sempre vittorioso senza subire alcuna ferita.
Ad ogni modo non tutti gli incontri e né tutti i viaggi furono esperienze negative, tanto da permettergli di entrare comunque in contatto con alcuni veri Maestri oltre che vari appartenenti alle sfere aristocratiche della sua terra e delle sue mete.
E’ lui stesso, nel prologo dei suoi manoscritti, ad ammettere che grazie alla sua ricchezza è potuto entrare in contatto con facoltosi praticanti d’arme:“E lo ditto Fiore sia imprese le ditte chose da molti magisteri tedeschi. E di molti italiani in piu province et in molte citade cum grandissima fatiga e cum grandi spese”. La dicitura precisa di alcuni Maestri appare solo nella versione in latino:“Et maxime a magistro Johane dicto suveno qui fuit scholaris magistri Nicholai de toblem mexinensis diocesis ”.
Nel 1381 ebbe inizio la Guerra di Successione di Aquileia per mano di una coalizione di nobili secolari della città di Udine e dintorni impegnati a rimuovere il nuovo Patriarca appena eletto, Philippe II d’Alençon. In questo contesto storico, Fiore risulta essere stato al fianco della nobiltà secolare udinese contro il Cardinale come trascritto in una nota del 1383, ricevendo da parte del gran consiglio il compito di controllare e gestire la manutenzione dell’artiglieria a difesa di Udine (balestre e catapulte incluse).
Ci sono anche documenti che lo vedono impegnato durante questo periodo come magistrato, ufficiale di pace, ed agente del gran consiglio durante il 1384, per poi non essere più menzionato in alcuna nota. La guerra continuò fino a che non fu scelto un nuovo Patriarca nel 1389, ottenendo così la pace, ma non è chiaro se Fiore rimase coinvolto per l’intera durata della guerra.
Nel 1384, infatti, viene menzionato cinque volte nei documenti del concilio, ragion per cui apparirebbe alquanto strana la sua estraneità nei cinque anni successivi, ma poiché la sua assenza dopo il Maggio del 1384 coincide con la proclamazione in Luglio dello stesso anno con la richiesta ad Udine da parte di Francesco da Carrara (lo stesso che rivedremo poco più avanti) di cessare le ostilità o altrimenti subire pesanti ripercussioni, quasi certamente Fiore lasciò Udine in quanto la sua presenza non era più di alcuna utilità.
Quindi, dopo la conclusione della guerra, probabile che Fiore dei Liberi si mise in viaggio per l’Italia settentrionale, insegnando ed addestrando vari uomini d’arme per i duelli.
Nel 1395, è impegnato a Padova con l’intento di addestrare il capitano e mercenario Galeazzo Gonzaga di Mantova per un duello da tenersi contro il maresciallo francese Jean II le Maingre (detto “Boucicaut”). Le motivazioni della sfida sono da ritrovarsi nello sfregio all’onore degli Italiani, definiti “codardi” per bocca del Boucicaut, fatto avvenuto nella corte reale di Francia.
Fu deciso di far svolgere il duello per il 15 Agosto dello stesso anno. Sia Francesco Novello da Carrara, Signore di Padova, e sia Francesco Gonzaga, Signore di Mantova, furono presenti come spettatori. Il duello sarebbe dovuto iniziare con le lance a cavallo, ma Boucicaut divenne impaziente e smontò immediatamente, attaccando Galeazzo prima che potesse salire in sella al proprio destriero.
La notizia dello scontro tra il Gonzaga e il leggendario Boucicaut, uomo famoso per essere in grado compiere le più mirabolanti gesta atletiche stando in armatura, ebbe una notevole portata “mediatica” persino tra le varie corti di Italia tanto da catturare, a quanto pare, l’interesse di oltre 10.000 spettatori presenti. I due si incontreranno nuovamente nel 1406 in un altro duello, questa volta riuscendo finalmente a combattere con le lance a cavallo.
Anche qui lo scontro sarà relativamente breve, e vedrà messer Galeazzo uscirne vincitore dopo esser riuscito a mettere a segno un colpo sulla visiera del francese. Il Boucicaut, ormai sconfitto, giurerà che non avrebbe mai più usato la visiera per l’elmo; scelta errata che pagherà con la prigionia da parte degli inglesi nella battaglia di Agincourt che avverrà anni dopo nel 1415.
Ritornando sui fatti della vita di Fiore dei Liberi, il nostro appare di nuovo a Pavia nel 1399, questa volta impegnato ad addestrare Giovannino da Baggio per un duello da svolgersi contro lo scudiero tedesco dal nome di Sirano. Il combattimento avvenne il 24 Giugno alla presenza di Gian Galeazzo Visconti, Duca di Milano, così come della Duchessa e degli altri nobili. I termini del duello consisterono in tre combattimenti di lancia a cavallo seguiti da altri tre scontri a piedi impugnando azza, spada e daga. Iniziato il duello, il Baggio riuscì ad impalare il cavallo del Sirano colpendolo al petto, uccidendo così l’animale sul colpo ma perdendo allo stesso tempo la sua lancia. I due contendenti continuarono a combattere gli altri nove incontri come programmato, ma per via della resistenza delle loro armature, e dell’assenza di filo alle armi, entrambi i combattenti uscirono pressoché illesi dallo scontro.
Nello stesso anno Fiore dei Liberi è coinvolto, sempre indirettamente, in altri due duelli, l’ultimo tra il suo allievo Azzone di Castelbarco e l’avversario Giovanni degli Ordelaffi, ma dopo questo incontro le attività di Fiore appaiono incerte. Basandoci sulle alleanze dei nobili a cui il Maestro friulano diede i propri insegnamenti lungo gli anni del 1390, pare che Fiore potesse essere associato alla corte ducale di Milano nell’ultimo periodo della sua carriera.
Nei primi anni del 1400, Fiore comincia a comporre dei trattati di scherma in latino ed in italiano intitolati con vari nomi, tra cui un altro Fior di Battaglia ed un Flos Duellatorum. Quest’ultima trascrizione consiste nella versione più breve ed è datata 1409. Qui Fiore afferma che è il frutto di un arduo lavoro durato ben sei mesi; come l’evidenza suggerisce, almeno due versioni più lunghe furono composte qualche tempo prima, potendo così assumere che Fiore trascorse tantissimo del suo tempo nella scrittura durante questa decade.
La Scuola Bolognese
La Tradizione bolognese ha sicuramente il pregio di essere stato il più importante filone di conoscenze trasmesse durante il XVI° secolo. Innumerevoli autori di provenienza felsinea furono, indiscussi artefici e fautori di quell’arte del sapersi difendere con la spada, tanto da richiamare da più parti d’Europa numerosi praticanti.
In merito alla vita di questo maestro, salvo essere originario di Modena dato che si dichiara tale nella introduzione del proprio trattato, Giacomo di Grassi mette nero su bianco un testo prettamente scientifico in merito all’arte della spada, concentrandosi maggiormente nella descrizione dei principi fondamentali ed evitando di proporre un grosso numero di azioni “personali”, in modo da rendere più chiara la comprensione del suo approccio alla materia.
La caratteristica principale del sistema del Di Grassi è la preponderante risoluzione tramite l’azione di punta, tanto da utilizzare, al posto delle numerose guardie tipiche della scuola bolognese (di cui può essere considerato un specie di continuatore), solamente 3 guardie con la punta verso l’avversario: guardia alta, guardia bassa e guardia larga.
Filippo Bartolomeo Dardi
Il fondatore di questa scuola fu Filippo Bartolomeo Dardi, docente di Matematica ed Astronomia all’Università di Bologna, il quale, nel 1413, ottenne dagli Eletti comunali il privilegio di aprire una propria scuola di Scherma a Via Pietralata. Proprio per via dei suoi studi e delle sue competenze, il Dardi, prima di morire nel 1464, scrisse un trattato incentrato sull’uso della Geometria nella Scherma. Testo ora sfortunatamente non pervenuto.
Invece ci sono giunti una serie di documenti che attestano il suo rapporto con il governo di Bologna, essendogli stata concessa una cattedra universitaria prima di Astrologia e poi di Geometria, ed allo stesso tempo la possibilità di tenere una Sala d’armi dove tenere le sue lezioni schermistiche.
In tale documento è riscontrabile l’economicità del metodo di spada e brocchiero, molto probabilmente in quanto la più richiesta dalle genti delle classi sociali più basse; mentre gli insegnamenti di Spada a due mani risultano essere quelli più costosi, forse dovuti alla grande complessità che l’arma richiede per essere maneggiata, creando una sorta di campo per lo più specialistico accessibile a pochi.
Guido Antonio di Luca
Guido Antonio di Luca rappresenta sicuramente il più importante Maestro della nuova generazione della Tradizione Dardi. Egli visse, e morì, nella Parrocchia di Santa Maria delle Muratelle; e sebbene di lui, pare, non vi siano manoscritti od opere di suo pugno, ebbe di certo il privilegio di aver contribuito alla fama di importanti Condottieri italiani come il Conte Guido Antonio Rangoni e Lorenzo de’ Medici (conosciuto anche come Giovanni dalle Bande Nere); insieme ad importanti studenti, poi diventati Maestri, come Achille Marozzo. E’ Marozzo stesso, nella prefazione del suo libro, a parlare della fama della scuola del Di Luca, equiparandola ad un Cavallo di Troia da cui sono usciti innumerevoli e valevoli combattenti. Ad ogni modo alcuni accreditano un grosso manoscritto anonimo al suo nome: il MS. Ravenna oggi per lo più chiamato come “Anonimo Bolognese”.
Antonio Manciolino
Il primo “autore certo” documentato in questa prima parte di secolo è Antonio Manciolino. Pare, per via della sua dedica a Don Luis de Cordoba, che il suo trattato possa risalire ai primi anni del 1520, sebbene a noi sia giunta apparentemente solo la nuova o postuma stampa del 1531.
Leggendo la sua Opera Nova, dell’autore traspare una profonda passione per le sapienze classiche; egli si contrappone al rapporto Maestro-allievo in mera ottica economica, seppur non negando che se l’Arte è stata trasmessa dai Maestri è anche grazie alla possibilità di potersi economicamente sostenere. Antonio Manciolino appare un Maestro idealista, attaccato a valori superbi e all’affetto dei propri allievi.
Il suo è un libro ricco di principi schermistici fondamentali per un corretto modo di condurre un combattimento, oltre alla consueta spiegazione di colpi, guardie e tecniche; sebbene il punto debole del suo libro sia la mancanza nel trattare armi come la Spada a Due Mani, la Daga sola e il Corpo a corpo.
Achille Marozzo
Achille Marozzo risulta sicuramente il maggiore esponente della Tradizione bolognese. Di lui si hanno molte notizie: nacque nel 1484, fu proprietario di un filatoio presso l’Abbazia dei Santi Naborre e Felice e tenne la propria scuola in Via Riva di Reno.
Il suo trattato Opera Nova, stampato a Modena nel 1536, fu uno dei più completi e più profondi lavori mai pubblicati; non a caso ha avuto innumerevoli edizioni ed editori, fino alla presunta edizione 1615 Pinargenti. Il Trattato è dedicato ad un nome importante legato al Di Luca: il Conte Guido Antonio Rangoni. Dalle pagine scritte traspare una profonda Fede Cristiana, dimostrata dalla silografia che vede Marozzo chinato a terra forse in un disco solare (iconografia legata a San Michele Arcangelo), oppure in due cerchi rituali intento a scrivere simboli criptici apparentemente provenienti dal grimorio di magia in voga nell’Italia del XV°/XVI° secolo intitolato Clavicolo di Salomone Re d’Israele figlio di David, libro erroneamente attribuito al Re ebraico Salomone.
Morto nel 1553, fu il “caro figliuolo” Sebastiano Marozzo a ristampare nel 1568 a Venezia la fortunata opera in una nuova edizione, con nuove tavole in rame ed un testo più moderno, seppur con maggiori errori di trascrizione.